Con gli occhi del Volta
Video Sound Art presenta la XII edizione vista attraverso gli occhi degli studenti del Liceo Volta.
Una raccolta di testi, immagini e illustrazioni elaborati a partire dal confronto con gli artisti e con lo staff curatoriale negli spazi del Teatro Carcano, sede della mostra.
L’attivazione di un continuo scambio tra gli artisti, i curatori e gli studenti stimola un rinnovamento nella pratica artistica e rilancia una condivisione reale della cultura.
Riflessioni curatoriali
Sull’opera Unisono di Oli Bonzanigo
All’interno del cortile, chiudendo gli occhi, si poteva avere la sensazione di essere in una piazza affollata o in un mercato e ciò creava un’immagine precisa nella propria immaginazione. Una volta riaperti gli occhi, però, non si poteva scorgere nessun tipo di folla o la piazza gremita soltanto il suono di essa che rievoca un’immagine che siamo sicuri essere in quel luogo ma è invisibile.
Leonardo Trifirò
Il primo impatto con l’opera è avvenuto proprio mentre l’artista la stava allestendo, permettendoci anche solo per un momento di assistere a questo momento fondamentale che solitamente il visitatore non conosce. È stato veramente molto interessante capire come una prima idea possa trasformarsi completamente nel processo di creazione, in seguito a imprevisti, esigenze e scoperte, dando vita ad un’opera inizialmente inaspettata che si adatta al meglio al luogo in cui si trova.
Sibilla Avesio
L’opportunità di discutere con l’artista Oli Bonzanigo solleticava la mia mente ed erano tante le domande che avrei voluto porle, ma dovevo limitarmi. La sua opera Unisono era quella che mi intrigava di più: dai materiali di cui eravamo stati provvisti non ero riuscita ad intendere la relazione che la legava con il tema del festival. Durante l’incontro, l’artista ha spiegato che il suo intento era quello di riportare la leggerezza delle figure solide.
Jasmine Gouda
Sull’opera Cosmic Generator di Mika Rottenberg
“Cosmic Generator” è fonte di molteplici spunti di riflessioni, che innescano nellə spettatorə differenti possibili reazioni: il piacere, l’estasi, la curiosità, ma anche l’incomprensione, il dubbio, la noia; ruolo fondamentale dell’arte contemporanea è accogliere le differenti sensazioni e proporre allə fruitorə dell’opera nuove chiavi di lettura, che possono incentivare nuovi processi di pensiero.
Caterina Zucchetti
Com’è possibile che degli enti inanimati siano più agevolati di esseri viventi? Perché un alimento può attraversare un oceano ma una persona non può attraversare il confine tra due stati? Perché un oggetto viene trattato con più cura e interesse di tanti individui? Queste sono alcune delle domande che Mika Rottenberg spera gli spettatori si pongano dopo avere visto la sua opera, che tratta sì la vita degli oggetti, ma a confronto con quella degli uomini.
Emma Casagrande
Sull’opera circulação di Daniel de Paula
I pensieri che attraversano la mente degli spettatori quando vedono l’opera per la prima volta si percepiscono dallo sguardo concentrato, dal corpo che rimane immobile davanti allo schermo, dalle domande che fanno. Tutti questi elementi permettono di capire se una persona ha deciso di andare in profondità o restare in superficie. De Paula riesce non solo a mostrare la propria indagine, ma anche a invitare gli altri a indagare su ciò che credono di sapere, ovviamente, decidere se accettare questo invito o meno spetta all’osservatore.
Polina Moskvina
Mostrando lati oscuri di cose che noi vediamo tutti i giorni, banalmente i telefoni e la loro produzione, ad esempio, l’artista è riuscito a mandare un messaggio molto forte, che ha colpito me, che ho avuto l’opportunità sia di parlare con lui che di esporre la sua opera al pubblico durante la mostra, ma anche gli spettatori, che rimanevano spesso come incantati davanti agli schermi, alienati sia dal luogo estraneo in cui si trovavano, sia dalla forza di ciò che vedevano e sentivano.
Tommaso Frigerio
Quest’opera, fin dall’inizio, è quella che mi ha maggiormente affascinato. L’incontro con l’artista e la mediazione con il pubblico mi hanno permesso di vivere l’installazione in modo più approfondito. La mia percezione dell’opera durante il tempo è cambiata perché sono cambiati i presupposti. Procedendo con l’esperienza mi sono accorta che sono entrata a contatto con l’opera e con il messaggio che vuole trasmettere. Come se ogni giorno riuscissi a cogliere una caratteristica nuova che mi riusciva a connettere maggiormente all’installazione.
Maria Vittoria Dimartino
Daniel de Paula con la sua opera ci chiede di leggere le storie che sono dietro questi oggetti e riusando materiali già usati dalle aziende critica la nostra società capitalista e afferma che nel mondo abbiamo già tutto quello che ci serve e abbiamo tutte le storie che gli oggetti possono raccontare.
Matteo Bono
Sull’opera Chain chain chain di MacGuffin
L’opera che più mi ha colpito del Video Sound Art Festival è stata l’esposizione della rivista di Mac Guffin, una rivista indipendente olandese molto particolare che concentra ogni edizione su un oggetto diverso. L’oggetto è all’apparenza banale, ma infinitamente enigmatico, la rivista esplora e analizza tutti i diversi significati e aspetti storici, politici e culturali che essi rappresentano. L’installazione di MacGuffin era a mio parere una delle più interessanti poiché, non solo esaminava a fondo un oggetto in modo completo e allo stesso tempo comprensibile (a differenza di altre opere di arte contemporanea), ma coinvolgeva anche il pubblico lasciando portare a casa a ognuno dei visitatori un piccolo pezzo del festival.
Sara Fracassi
Sull’opera L’ombra mia mi ha fatto paura di Letia Cariello (LETIA)
Nella tenda, oltre al calendario lineare, sono sovrascritti numerosi segni, alcuni dei quali non molto chiari, infatti per non lasciare senza alcuna risposta i visitatori, ho provato ad interpretarli insieme a loro…
C’è stato chi lo ha interpretato come la sezione aurea o chi, diversamente, l’ha interpretato come la rappresentazione della sequenza di Fibonacci. Personalmente, ho interpretato tutti quei segni come una sorta di interruzione della linearità del calendario, rappresentando in tal modo gli imprevisti che non rendono lineare il tempo.
Karam Saad
Sull’opera Feeling Thing di Candoco Dance Company e Jo Bannon
In relazione a questo video ad alcuni spettatori abbiamo fatto fare un’esperienza di meditazione nel quale abbiamo fatto riflettere sull’uso di un oggetto e la propria relazione con quest’ultimo. Inizialmente è stato sicuramente intimidatorio chiedere a sconosciuti di partecipare a un’esperienza del genere, dato anche che alcune persone rifiutavano e altri non restavano seri. Nonostante questo, è stato a mio parere un ottimo esercizio che funge da introduzione al video molto particolare.
Kiyara Wickramage
Sull’attività di mediazione con il pubblico
La mediazione è un atto performativo, e in ogni azione è necessaria una diversificazione sostanziale; per entrare in comunicazione con l’opera, dobbiamo porci in relazione con questa, trovando analogie e punti di distacco, per creare un dialogo, costante.
Edoardo Balistri
Illustrazione
Il primo piano formato dalla sfera e i tre schermi staccati andrebbero a rappresentare la realtà dell’oggetto rispetto alla realtà umana dove gli oggetti non hanno nulla di rilevante se non una funzione assegnata dall’uomo; il secondo piano dello schermo rappresenta la realtà umana che cerca di prendere l’oggetto e togliergli la vita che potrebbe essergli data attraverso l’arte e affibbiandogli solo una funzione meramente pratica e utilitaristica. Per questo l’illustrazione sarebbe collegata al tema principale di questa edizione del Festival dedicata alla vita degli oggetti e anche il vedere un particolare oggetto con una visione che va oltre la realtà umana limitata alla funzione di tale oggetto, ma considerarlo come entità a sé con un’importanza trascendentale a ciò che è l’intenzione prima con la sua quale fu inventato l’oggetto.
Lorenzo Pigna
Editoriale
L’oggetto che diventa soggetto
La dodicesima edizione di Video Sound Art, un festival di arte contemporanea attivo a Milano dal 2011 e che si tiene in luoghi non canonici, quest’anno ha scelto come tema espositivo quello degli oggetti. La mostra ha avuto sede al teatro Carcano di Milano dal 22 al 28 settembre, dalle ore 19 a mezzanotte. Attraverso diverse opere ed artisti in un percorso in cui anche il visitatore è chiamato ad essere protagonista, ci si è soffermati a guardare gli oggetti attentamente, a studiarli nella propria essenza e a cercare di capire cosa effettivamente rappresentino nella società moderna, quando ormai tutto è basato sul consumismo.
Gli oggetti sono presenti nella nostra vita fin dalla nostra nascita. Da bambini, infatti, abbiamo esplorato il mondo proprio attraverso essi e ancora oggi siamo continuamente circondati da una grande quantità di questi ultimi. Per capire appieno la loro funzione, ritengo opportuno partire dalla parola stessa “oggetto”, proveniente dal verbo latino obicĕre che significa “porre davanti” o “contrapporre”. È facilmente intuibile che la funzione intrinseca di un oggetto non sia quella di essere utilizzato, ma sia quella appunto di essere collocato davanti a noi “soggetti” per essere osservato e studiato e poi, eventualmente, utilizzato. Pertanto, nella dodicesima edizione di Video Sound Art, il festival di arte contemporanea attivo a Milano dal 2011, che si occupa di esporre opere in luoghi inusuali rispetto alle comuni gallerie d’arte, si è occupato di indagare a fondo la vita degli oggetti. Questa volta, infatti, la mostra ha avuto sede al teatro Carcano di Milano, dove il visitatore, attraverso un percorso guidato da opere ed artisti in cui anche egli stesso è chiamato ad essere attore, è stata presa piena coscienza degli oggetti per poi arrivare infine ad elevare l’oggetto a soggetto.
L’ingresso alla mostra si effettua dal cortile, dove si può osservare un grande pallone blu, riempito di elio ed intrappolato in una rete da pesca, opera di Oli Bonzanigo. L’opera richiama il concetto di “stereometric transparency” di Naum Gabo, in cui si ha una indagine sulla trasformazione dei solidi in forme leggere, ma in questo caso è stata anche legata al suono di chiacchiere da bar, persone in festa, manifestazioni etc. registrate direttamente dall’artista. Il titolo Unisono vuole quindi richiamare la singolarità del pallone, nel quale si vede attraverso, della rete, e delle singole voci, che insieme riescono a creare una sonorità molto particolare.
Successivamente si scende nei sotterranei, dove sono collocate le radici della nostra essenza e di quella degli oggetti. Attraverso la complessa opera Circulação di Daniel de Paula, realizzata con schermi LED scomponibili, si vuole mostrare il filo che collega tutti gli oggetti alla roccia, alla materia prima. La chiave di lettura poi si espande e arriva anche a far riflettere sulle dinamiche di potere all’interno delle strutture politiche, sociali, economiche e storiche che plasmano questi luoghi a cui siamo continuamente legati. Vuole infatti essere una critica alla mercificazione del paesaggio che ci fa dimenticare che deriviamo tutti da essi e l’utilizzo della folgorite, un fossile originato da un fulmine, richiama ancora una volta l’intensa connessione che si ha tra noi e la terra.
Poi, ripassando dal cortile, attraversando la sala principale, si percorrono le scale che permetteranno l’ascensione verso la vera natura degli oggetti. Prima delle scalinate, nel foyer basso, si possono osservare le sculture di Caterina Morigi: Labirinti e Soli. Anch’esse sono strettamente collegate all’idea della terra e della roccia, luogo da cui molti oggetti provengono e da cui anche noi proveniamo. Infatti, le opere ricordano delle incisioni rupestri su materiale lapideo, che vogliono sottolineare il legame indissolubile tra uomo e natura.
Una volta giunti al primo piano, nel foyer alto, si possono osservare le due particolari opere di Letizia Cariello: L’ombra mia mi ha fatto paura e Con te. Per quanto riguarda la prima, si tratta di una sorta di tenda su cui è stampato un calendario, in cui la ricerca dell’artista è tesa a ricucire connessioni e relazioni tra materie e spazi, questo perché come da lei affermato, “il tempo possiamo vederlo solo nella materia”. Per quanto riguarda la seconda opera, invece, consiste in una proiezione su parete di un campo di grano verde che si muove al vento, che porta l’osservatore ad una sensazione di spaesamento, non disturbante, ma che gli consente di distaccarsi temporaneamente dal corpo, portandolo idealmente a ‘nuotare’ all’interno del grano.
Sulla galleria del teatro, nel punto più alto dell’ascesa, si può osservare l’opera video Cosmic Generator di Mika Rottenberg, dove l’artista vuole sottolineare la poca importanza degli oggetti in una società capitalista e consumista, ma anche il contrasto tra la facilità con cui le merci circolano, in opposizione appunto con la paradossale difficoltà che invece hanno le persone a spostarsi.
Dopo questa riflessione si inizia la discesa, dirigendosi verso il palco, dove il visitatore, fino ad adesso sempre osservatore, è chiamato ad agire con mano sugli oggetti. Sono infatti collocate otto pile di poster provenienti dalla rivista olandese MacGuffin, che ogni sei mesi rilascia uno studio molto dettagliato su un oggetto in particolare, dal quale si parte per proseguire in un’analisi di complesse relazioni con l’oggetto stesso fino a parlare di tematiche etiche, sociali, etc. In questo caso il numero si chiama The Chain, l’oggetto in questione è una catena, espressa in ogni sua forma, dalla moda alle catene delle biciclette, per arrivare a parlare della nuova schiavitù, della costrizione e dei movimenti di resistenza. Il visitatore è invitato a prendere un poster a scelta tra le otto pile e a portarlo a casa in modo da allungare questa catena di relazioni sulla mostra. Ritornando poi nel foyer basso del teatro si può ascoltare anche il podcast rilasciato da curatori olandesi, in una scena ambientata in un banco dei pegni.
Ora che lo spettatore è diventato finalmente attore, comprendendo tutte le potenzialità e le funzioni di un oggetto, è invitato a fare l’ultimo passo definitivo che gli permetterà di rendere l’oggetto finalmente soggetto. Ogni sera si assiste, infatti, al public program, ovvero ad un video o ad una performance che cambia ogni sera e che ci aiuta a riassumere e a raccogliere le idee prima di lasciare la mostra. Lo screening program comprende: Feeling Thing di Jo Bannon, Fresh oranges into the ocean di Silvia Giordano e Pallae: Womanhood Story di Park Sohyun. L’opera di Bannon rappresenta tre differenti individui che si trovano in stretto contatto con oggetti di uso quotidiano, che vengono però resi partecipi attivamente e trasformati in “soggetti” dell’azione in un nuovo rapporto uomo-oggetto. Quella di Silvia rappresenta tre ragazze che entrano nella loro età adulta attraverso un metaforico dialogo con le arance, in cui l’oggetto diventa “soggetto” tramite il dialogo. Infine, Sohyun mostra cinque danzatrici che trasformano l’atto del bucato ad una nuova possibilità di conoscenza degli oggetti e non più come un’azione noiosa. Nel giorno dell’inaugurazione si assiste alla performance di taiko, tradizionali tamburi giapponesi, dell’ensemble Kotoji, in cui il tamburo, come strumento di comunicazione, ha un grande potere simbolico che può essere considerato “soggetto”. Le lecture performance invece sono: How can you float without sinking? di Silvia Giordano e Drilling Down di Antonio Perticara, quest’anno vincitore dell’Open Call, un concorso che mira a lanciare nuovi artisti attraverso la presentazione di opere performative. Nella performance di Silvia, viene spiegata la connessione tra le opere di Letizia Cariello e i passi di danza studiati per rappresentare l’opera stessa. In Drilling Down, invece, si scopre una seconda applicazione del trapano che si può osservare se, invece di puntarlo verso un muro, lo si punta verso il proprio cranio.
Vorrei però soffermarmi su quest’ultima, siccome ho avuto l’opportunità di assistervi. Il percorso tratta della trapanazione dagli albori della sua comparsa nel Neolitico, fino ai giorni nostri. In questo interessante percorso si spazia dagli ambiti della medicina primitiva, alle credenze mistiche del Medioevo, fino ad arrivare all’impatto con la cultura psichedelica della seconda metà del secolo scorso. La credenza parte, infatti, dalla base scientifica che il cranio dei neonati presenta un foro, la fontanella, ma che, secondo la credenza, permette loro di apprendere velocemente le informazioni e di avere una piena percezione di sé. Sempre secondo la credenza, la chiusura di questo foro una volta trascorso il primo anno di vita porterebbe l’individuo adulto in uno stato meno conoscitivo, a causa del minore afflusso di sangue al cervello. La ripresa della massima coscienza si può però ottenere temporaneamente ponendosi a testa in giù o assumendo droghe, ma per la ripresa duratura di quest’ultima è necessario praticare un foro sul cranio, che permette uno spazio maggiore al cervello e dunque una migliore circolazione del sangue. La ricerca di Perticara non è certamente volta a sostegno della trapanazione, ma, a partire dall’oggetto trapano, un invito ad interrogarsi sul concetto di realtà e finzione nella società contemporanea.
A questo punto si giunge al termine del percorso, in cui il visitatore, dopo essere diventato attore e aver preso coscienza degli oggetti attraverso l’opera MacGuffin e dopo aver elevato l’oggetto a soggetto tramite il public program, può riflettere individualmente sull’esperienza. Ora, infatti, il visitatore è arricchito da una maggiore coscienza del mondo intorno a sé che lo porterà a una diversa visione del mondo. Personalmente, il festival mi ha fatto maturare una nuova concezione della realtà, con una maggiore cura nell’osservazione e nei dettagli. Mi ha inoltre permesso di rivalutare l’arte contemporanea facendomi apprezzare appieno gli oggetti e tutto ciò che si collega ad essi.
Riccardo Pratesi
Fotografie
A chi stiamo parlando?
Percorso di co-progettazione
Con il contributo di:
Fondazione Cariplo
8 per mille Chiesa Valdese
In collaborazione con:
Liceo Volta
Ph. 1 Daniel de Paula, circulação, 2019, video-negoziazione. Installation view, Video Sound Art XII edizione, Teatro Carcano, Milano, 2022. Ph. Yesuqi Lin
Ph. 2 Silvia Giordano, How can you float without sinking?, performance site-specific, 2022. Ph. Alessandro Baldeschi
Ph. 3 MacGuffin, Chain chain chain, 8 plinti in legno, poster. Installation view, Video Sound Art XII edizione, Teatro Carcano, Milano, 2022. Ph. Annalisa Lei
Ph 4. Mika Rottenberg, Cosmic Generator, 2017, installazione video monocanale, sound, colore, 26’36”, dimensioni variabili © Mika Rottenberg, Courtesy l’artista e Hauser & Wirth, commissionata da Skulptur Projekte Münster. Installation view, Video Sound Art XII edizione, Teatro Carcano, Milano, 2022. Ph. Teresa Fabbri
Ph. 5 Oli Bonzanigo, Unisono, installazione complessa, 2022. Installation view, Video Sound Art XII edizione, Teatro Carcano, Milano, 2022. Ph. Yesuqi Lin
Ph. 6 Mika Rottenberg, Cosmic Generator, 2017, installazione video monocanale, sound, colore, 26’36”, dimensioni variabili © Mika Rottenberg, Courtesy l’artista e Hauser & Wirth, commissionata da Skulptur Projekte Münster. Installation view, Video Sound Art XII edizione, Teatro Carcano, Milano, 2022. Ph. Clelia Ricci