Volare con i piedi per terra
S’envoler les pieds sur terre
Le esperienze vissute durante l’infanzia sono centrali nella costruzione delle rappresentazioni del mondo. Driant Zeneli ricorda l’entusiasmante sfida alla gravità, quando da piccolo saltava il più in alto possibile per raggiungere il cielo per poi cadere e saltare di nuovo. Questa successione senza fine, nel corpo e nella mente, era motivata da un desiderio sempre presente di ribaltare il possibile. Il suo lavoro è un modo di portare avanti questi tentativi di connessione con il cosmo, di allontanarsi dalla terra, pur sapendo quanto la gravità sia per lui inseparabile e necessaria, e quanta emozione estetica si possa trarre da questa tensione dinamica tra cielo e terra, tra poesia e realismo. I suoi film si nutrono dello stretto rapporto con i territori che abita, dove risiede, delle storie a cui è legato come albanese che ha vissuto la transizione da un modello sovietico dittatoriale a una democrazia sostenuta da un selvaggio liberalismo capitalista. Per questa generazione, la gravità è quella delle memorie che non devono essere dimenticate, dei traumi e delle violenze che devono essere dissotterrate, ma anche delle responsabilità che devono essere assunte di fronte al presente. Ancorarsi alla realtà significa guardare al cielo ed evocare sogni e orizzonti collettivi di fronte a realtà deludenti in cui la precarietà e l’individualismo hanno preso il sopravvento.
Contrariamente alla pratica solitaria e sottomessa del pittore realista nel periodo della dittatura sovietica, di cui il padre incarna la figura nel suo film When I grow up I want to be an artist (2007), per Driant Zeneli l’essere artista è un atto collettivo che apre delle possibilità.
La realizzazione dei film è un viaggio in cui porta con sé gli altri, condividendo con loro il suo desiderio di guardare il cielo e trarne energia per fare qualcosa sulla terra. I suoi scenari disegnano traiettorie immaginarie che partono dalla realtà e la collegano a nuovi mondi. Vecchi amici o nuovi incontri, bambini o adulti, coloro che partecipano alle avventure dei suoi film sono collaboratori attivi. In un processo di lavoro costruito nel tempo, viene scritta una favola che porta con sé storie personali, desideri e impulsi condivisi e necessari. E poiché l’obiettivo è quello di essere ancorati alla realtà, i film si basano su luoghi esistenti di cui l’artista sfrutta il potenziale narrativo. In Albania, ma anche in Kosovo dove ha condotto un laboratorio con i bambini, Driant Zeneli ha scelto di filmare nelle architetture moderniste costruite dai regimi sovietici, che nel loro brutalismo monumentale incarnano l’ambiguità di prospettive estetiche che sono al tempo stesso seducenti e terrorizzanti per lo schiacciamento dei corpi che producono. Oggi questi edifici sono testimonianze di una memoria storica, dopo molteplici tentativi di adempiere a nuove funzioni (emittente televisiva, nightclub, ecc.). Il modo in cui Driant Zeneli li filma, accentua la loro carica poetica, alimentando l’estetica della rovina modernista, ma anche del décor, del fittizio, e li sdrammatizza trasformandoli in spazi di giochi e proiezioni. L’ombra del terrore diventa più lontana quando le storie inventate insieme ai bambini hanno luogo in queste architetture del potere autoritario.
In No wise Fish would escape without flying (2019) l’inseguimento filmato tra un pesce e uno squalo è un attraversamento metaforico dell’edificio che, senza l’uso di effetti speciali o aggiunte sonore, gioca con l’inquadratura e il montaggio per generare una carica fittizia e drammatica come quella del racconto per bambini a cui la storia si ispira.
Volare è probabilmente un sogno frequente per un prigioniero condannato a uscire solo durante passeggiate sorvegliate nei cortili all’aperto, in uno di quei rari momenti in cui l’orizzonte si apre verso prospettive verticali tanto infinite quanto irraggiungibili. Per ventuno anni, un prigioniero albanese, Rilond Risto, ha inseguito questo sogno armeggiando con pezzi di recupero di animali meccanici che cercava di far volare. Sentendo la sua storia, Driant Zeneli lo ha contattato e ha costruito con lui il secondo capitolo della sua trilogia sugli animali: How deep can a Dragonfly swim under the Ocean? (2021). A Tirana, nel cuore oscuro della Piramide, un monumento brutalista eretto dalla figlia di Enver Hoxha come mausoleo per suo padre, una libellula cerca di volare via, di sottrarsi al lungo periodo che l’ha trattenuta tra le mura di una cella. La narrazione è creata a partire dalle immagini e un testo letto dall’artista, che costruisce dalle confidenze di Rilond Risto la storia di una libellula meccanica che cerca di fuggire dall’edificio, mentre un polpo disegnato su una parete del mausoleo rimarrà rinchiuso, come gli altri dietro di lui. La libellula lotta per sbattere le ali, come l’ex prigioniero che deve ritrovare la sua fiducia nella società umana dopo un isolamento talmente lungo e violento che solo la gravità e il senso di colpa sembrano mantenere il suo corpo vivo. La scalata di ventuno metri che attende la libellula per affrancarsi dalle profondità e nuotare libera per ritrovare la superficie luminosa ed emergere dall’oceano, diventa la storia metaforica di un uomo e, attraverso di lui, di tutti coloro che cercano di riconquistare la vita dopo esserne stati privati.
Raccontare storie attraverso messe in scena che mescolano elementi reali e di finzione produce una performatività che va oltre il campo della rappresentazione. I film di Driant Zeneli sono esperienze che trasformano il nostro modo di guardare i luoghi e i territori che incarnano. Esplorano la teatralità degli spazi reali e producono una dimensione scenica all’interno della mostra, collegando intimamente corpi e immaginazioni. Sorgenti intime e personali si mescolano con artifici teatrali per decostruire e modificare determinate realtà, inserendole in quadri narrativi che reintegrano l’umano nella sua fragilità, riaffermando la sua ricerca di libertà e i suoi desideri più utopici. Lo spazio reale è usato come set, ma non sono solo i luoghi e la loro capacità di costituirsi come scenario a partecipare alle storie: lo sono anche i ricordi che li abitano e le emozioni che vi si proiettano. La potenza delle immagini si basa su elementi teatrali, e in particolare sul distanziamento brechtiano analizzato da Laura Lamonea, affermando l’estraneità dei luoghi e delle azioni mentre li collega a narrazioni personali e collettive in relazione alla storia.
Il lavoro di Driant Zeneli contribuisce alle necessarie operazioni di riappropriazione delle architetture monumentali dei Balcani, la cui durezza dei materiali, come il cemento o l’acciaio, e l’imponente verticalità delle strutture sono associate agli eccessi totalitari dei regimi sovietici. Se la forza delle immagini prodotte da queste architetture costituisce una reale carica drammatica, l’atmosfera sonora è altrettanto importante, poiché trae la sua materia prima da questi spazi incolti. Sentiamo il respiro profondo degli edifici abbandonati che accresce la sensazione di ansia prodotta dall’interno di queste forme vuote e imponenti. Eppure, in No wise fish would escape without flying, quando il pesce volante riesce a sfuggire ai cancelli del monumento e all’ombra malevola dello squalo, per uscire dall’alto, non si allontana immediatamente da questa architettura. Visti dall’alto, i tetti disegnano un accogliente paesaggio fantascientifico, grazie alle forme organiche delle cupole di vetro e alla luce naturale riflessa sulle superfici. Tuttavia, lo squalo trova la traccia del pesce, che deve decidere di volare via, per attraversare le nuvole, lasciandosi dietro un monumento inquietante e uno squalo mezzo sgonfio. Il volo diventa un viaggio e il cielo un luogo di accoglienza per ricaricare l’immaginazione.
Mathilde Roman
Docente e critica d’arte
GESTUS
15 ottobre
15 gennaio
Sede
Teatrino di Palazzo Grassi
Venezia
A cura di
Video Sound Art
Laura Lamonea
Chief curator
Thomas Ba
Curatore junior
Daniela Amandolese
Educazione
Francesca Mainardi
Pubbliche relazioni
Lino Palena
Produzione
Davide Francalanci
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