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RYTHMÓS

Dal 18 al 25 settembre Video Sound Art ha presentato l’XI edizione del Festival con un ricco programma di installazioni e performance presso due luoghi simbolo del sapere scientifico della città di Milano: il Museo Civico di Storia Naturale e il Planetario Ulrico Hoepli.

Il tema dell’undicesima edizione del Festival è stato il ritmo, a partire dai cicli di origine cosmica e biologica, dai moti dei corpi celesti al corpo umano.

C’è un battito che attraversa tutti gli elementi, per cui parti distinte si trovano in perfetta simbiosi. Il ritmo è alla base di ogni fenomeno sociale e naturale, l’essenza di ogni organismo, e forse del mondo intero. Una danza senza musica che unisce la frequenza di un respiro alla vibrazione di un quarzo, il moto di un’automobile al battito d’ali di un pipistrello, fino ai moti cosmici della Luna, del Sole e delle stelle. Laura Lamonea, curatrice della mostra.

Museo Civico di Storia Naturale
Credits Francesca Ferrari
Planetario Ulrico Hoepli
Credits Francesca Ferrari

Il programma del 2021, che è proseguito con Gestus presso il Teatrino di Palazzo Grassi a Venezia, si è proposto di esplorare le pratiche relazionali con cui l’individuo conosce il cosmo, si allena a sentire i ritmi senza poterli ascoltare, impara a fare propri gesti e pensieri fino a prima alieni. Una ricerca sulle azioni fisiche, a partire dalle riflessioni dei grandi maestri teatrali del ‘900 (Copeau, Mejerchol’d, Artaud, Grotowski), per inseguire le tracce che hanno lasciato nell’arte contemporanea e nella performance, certi dell’attualità e del potere trasformativo che ancora possiedono.


Haig Aivazian,
Rome is not in Rome (Pt.II Mythology to Abattoir)

Installazione complessa, 2016

La sala affrescata al primo piano del Museo Civico di Storia Naturale ha ospitato l’installazione complessa Rome is not Rome (Pt.II Mythology to Abattoir) di Haig Aivazian, artista libanese le cui opere sono state presentate In Italia al Museo MAXXI di Roma e alla Biennale di Venezia.

Aivazian indaga il potere, con un’attenzione particolare al modo che ha di influenzare le relazioni tra oggetti, animali, persone e luoghi. Scava – attraverso opere scultoree, film, disegni, atti performativi – le vastissime aree di ambiguità che caratterizzano la modernità. La spinta a preservare è strumentale a distruggere? Emerge una riflessione sul mondo che ci circonda e la capacità che abbiamo di percepirlo. Una realtà che si regge in un ritmico equilibrio tra sorgenti di potere e tecniche di resistenza.

Haig Aivazian Rome is not Rome (Pt.II Mythology to Abattoir)
Credits Francesca Ferrari

L’installazione Rome is not Rome (Pt.II Mythology to Abattoir) è composta da strani oggetti di lusso, frammenti di architetture, animali dai tratti mitologici. L’opera riflette su come il museo, l’architettura, l’archeologia siano potenti strumenti ideologici che hanno costruito la visione di intere civiltà e hanno formulato un immaginario collettivo, rapportandosi al passato attraverso categorie e modelli ricorrenti. 
Un ambiente ibrido nel quale sembra che i corpi siano in procinto di trovare il loro posto e che aleggino i desideri individuali di ciascuno, le costrizioni politiche, le convenzioni sociali. Il lavoro riflette in maniera ironica sulle gerarchie e le classificazioni della vita all’interno delle quali ci troviamo imbriglialiti. Le opere assumono identità fluide, capaci di generare assonanze tra mondi e culture differenti, ma inevitabilmente filtrate dalla cultura visiva dell’artista.

Haig Aivazian Rome is not Rome (Pt.II Mythology to Abattoir)
Credits Francesca Ferrari

Haig Aivazian con Murad Içlinalça
Lettura performativa

Appositamente per Rythmòs, Aivazian ha realizzato un intervento a metà tra performance e talk, con la preziosa collaborazione del musicista turco Murad Içlinalça.

L’artista prende spunto da due lavori: To Be Human, O Mountain! (2017), dove dei cantori intonavano frammenti di brani carcerari, tracce dello sradicamento nella tradizione musicale, come nel paesaggio; e Wavy is the Sea, Momma (2015), che rifletteva sul canto monofonico della liturgia armena e sul suo rapporto con l’identità culturale turca.
I confini tra uomo e natura, paesaggio e architettura, memoria e storia, diventano flebili e si confondono evocativamente nell’intervento dell’artista, facendo emergere le tematiche chiave della mostra.

Lettura performativa di Haig Aivazian con la preziosa collaborazione del musicista turco Murad Içlinalça.
Credits Davide Francalanci

“Ho pensato a tre luoghi dove la musica è stata storicamente prodotta e catturata: la chiesa, il campo e la prigione. Luoghi di culto collettivo, di coltivazione (o lavoro collettivo) e di incarcerazione (o punizione collettiva). Potrei anche dirlo in un altro modo… Luoghi dove le persone si riuniscono per essere in contatto diretto con il cielo, con la terra e per scavare e andare sottoterra. Questi sono anche i luoghi dove gli etnografi hanno cercato di raccogliere e conservare le tradizioni musicali che consideravano in pericolo a causa delle trasformazioni portate dalla modernità. Solo che la figura stessa dell’etnografo è un prodotto di questa stessa modernità.” Haig Aivazian.

Lettura performativa di Haig Aivazian con Murad Içlinalça.
Credits Davide Francalanci

Caterina Gobbi, Had there been anyone to listen

Performance, 2021

Nelle profondità del sottosuolo, fuori dalla portata di qualsiasi orecchio umano, movimenti sotterranei e superficiali creano maestose melodie. Attraverso particolari microfoni Caterina Gobbi ha campionato queste vibrazioni nelle zone del Monte Bianco al fine di creare una vera e propria raccolta di voci ipogee. Attraverso una performance sonora queste voci sono state portate alla fruizione del pubblico, dando vita ad una riflessione sul mondo che ci circonda e la capacità che abbiamo di percepirlo.

Caterina Gobbi, Had there been anyone to listen, 2021.
Credits Francesca Ferrari

Andrea Di Lorenzo, Foglie di fico

Performance, 2021

Andrea Di Lorenzo ha presentato una performance statica dai tratti scultorei. L’artista si posiziona all’interno di un cespuglio di foglie di fico, realizzato in cemento e ferro, rimanendo immobile per diverse ore. Del corpo dell’artista si vede solamente una porzione delle gambe che rende difficile per il pubblico decifrare se si tratti di una persona, o semplicemente di un manichino. Attraverso un faticoso esercizio di annullamento del movimento, il corpo umano si confonde con il corpo vegetale, ritmi apparentemente opposti si avvicinano fino a sincronizzarsi.

Andrea Di Lorenzo, Foglie di fico, 2021.
Credits Francesca Ferrari
ndrea Di Lorenzo, Foglie di fico, 2021.
Credits Francesca Ferrari
Andrea Di Lorenzo, Foglie di fico, 2021.
Credits Francesca Ferrari

Francesco Cavaliere e Tomoko Sauvage, Uzu Cima

Performance, 2021

Partendo da una ricerca sulle oscillazioni e i “pendoli naturali”, quegli elementi che anche impercettibilmente o in maniera astratta producono dei ritmi, Francesco Cavaliere e Tomoko Sauvage utilizzano pietre ed altri enti inanimati come sorgente di nuovi suoni.
Controvoce e fondale della performance è stata la nuova sala dei minerali del Museo di Storia Naturale, tra le più importanti e complete d’Europa.

Francesco Cavaliere e Tomoko Sauvage, Uzu Cima, 2021.
Credits Davide Francalanci
Francesco Cavaliere e Tomoko Sauvage, Uzu Cima, 2021.
Credits Davide Francalanci

Radouan Mriziga, 0.Rythmòs

Performance, 2021

La monumentale scala del Museo di Storia Naturale ha accolto 0.Rythmòs, una performance site-specific del coreografo Radouan Mriziga. Con uno sguardo all’esperienza di Oskar Schlemmer al Bauhaus, Mriziga pone a fondamento della sua ricerca la figura umana, “misura di tutte le cose”, nella quale si conciliano le opposte polarità dell’organico e del numero. Nella performance la danzatrice Maïté Jeannolin ha dato forma a un ambiente immaginario in cui i corpi, le direttrici del movimento e le trame dell’architettura sono intimamente legati.

Radouan Mriziga, 0.Rythmòs, 2021.
Credits Davide Francalanci
Radouan Mriziga, 0.Rythmòs, 2021.
Credits Davide Francalanci

Cecilia Mentasti, Safari (not the exception but the rule)

Performance, 2021

Cecilia Mentasti ha proposto un percorso di senso all’interno del museo, partendo da alcuni elementi che sono costantemente davanti agli occhi del pubblico, senza essere notati. Attraverso l’azione performativa degli studenti dei licei Boccioni e Volta, l’artista ha messo in luce i ritmi impercettibili che compongono il tessuto dell’esposizione.

Cecilia Mentasti, Safari (not the exception but the rule), 2021.
Credits Francesca Ferrari

Luca Maria Baldini, L’occhio e i pianeti

Performance, 2021

A pochi passi dal Museo Civico di Storia Naturale, il Planetario Ulrico Hoepli ha ospitato la performance musicale L’occhio e i pianeti di Luca Maria Baldini, in collaborazione con Le Cannibale, drammaturgia a cura del team curatoriale di Video Sound Art, regia di Tommaso Santagostino, con la partecipazione dell’astrofisico Fabio Peri. Un oggetto sonoro inedito che fluttua dalle suggestioni letterarie di Calvino alle contemporanee osservazioni del cielo da una prospettiva ecologica e scientifica. Il paesaggio sonoro di Luca Maria Baldini ha accompagnato un itinerario di scoperta notturno condotto dall’astrofisico Fabio Peri.

Planetario Ulrico Hoepli
Credits Francesca Ferrari


XI edizione
Rythmos
18 – 25 settembre 2021

Concept
Foglio di sala

Sedi:
Museo Civico di Storia Naturale
Planetario Ulrico Hoepli

Con il contributo di:
Comune di Milano
Fondazione Cariplo

Rassegna stampa